Roveredo dialoga con i giovani a ritmo di rap a Sant’Osvaldo
(dal Messaggero Veneto) di Fabiana Dallavalle
UDINE. «Prendiamoci il presente e realizziamo il futuro», è il progetto curato da Cgil territoriale ideato da Pino Roveredo con il patrocinio del Comune. «Gli argomenti fondamentali sono il senso e il movimento della parola responsabilità ». Così lo scrittore, regista e operatore teatrale spiega il nuovo e prossimo appuntamento, dedicato ai giovani friulani, al debutto il 19 settembre, nello spazio del centro di igiene mentale di Sant’Osvaldo.
Roveredo di cosa si tratta?
«Da anni indichiamo i giovani come il nostro futuro, con la conseguenza di togliergli di fatto il presente. Allora responsabilizziamoli. Con il progetto vogliamo creare uno spazio di opportunità . Loro hanno cose interessanti da dire».
Fasce di età interessate ?
«Dai 14 ai 30, chi mette il limite alla parola giovani? Possono partecipare ragazzi delle scuole, giovani che lavorano o no. Attraverso i linguaggi del rap, della musica, apriamo uno spazio riservato alle loro discussioni, ma anche alla necessità del confronto, fino a trasformare questa prima iniziativa, che parte da Udine, in un appuntamento fisso. Poi ci siamo inventati una telecamera che abbiamo chiamato “libertà di parola”. I ragazzi potranno dire quello che vogliono con qualche piccola provocazione e in forma anonima se lo vorranno. Per far capire agli adulti il loro pensiero».
In questi giorni la cronaca si è occupata delle giovani vittime delle “droghe da sballo”. Lei da anni va nelle scuole per fare prevenzione…
«Perché è importante occuparsi di chi sta bene e soprattutto è necessario abbattere i luoghi comuni che indicano i nostri ragazzi come gli attori di una infinita apatia, indifferenti a quanto gli accade attorno. Prima di incasellarli bisogna conoscerli, attrezzarsi con pazienza all’ascolto. Io, con tutta la modestia possibile, frequento i giovani da anni, sia per lavoro che per curiosità . Solo nell’ultimo anno sono stato in 130 scuole, fino a Mazara del Vallo. Continuo a meravigliarmi degli stupori di chi si sorprende della profondità degli studenti e della loro agilità di pensiero. Certo è difficile esprimersi o farsi comprendere quando gli spazi della credibilità sono stati castrati dalla supponenza».
Perché proprio il rap?
«Anni fa andai a un convegno. Tra i relatori, solo anziani. Avevano un quarto d’ora a disposizione. Ne occupavano il doppio. Il pubblico di giovani a cui era dedicato l’incontro, dormiva. Da una porta ho fatto entrare due ragazzi che hanno raccontato la solitudine con due pezzi rap di 6 minuti in tutto. Furono applauditi con entusiasmo. Avevamo catturato la loro attenzione. Il 19 settembre ci saranno anche i writers. Perché si può parlare disegnando e tra le idee dell’accordo con la Cgil c’è quello di mettere nero su bianco le cose che diranno i ragazzi per poi pubblicarlo. L’idea del progetto è quella di imporre i giovani dentro un tempo presente e non con la solita ipotesi futura del “chissà quando”, un futuro buono per scavalcare la giustizia di una considerazione che quando si materializza, va spesso a scontrarsi con un tempo che non è più giovane, lasciando lo smarrimento di chi ha perso o sprecato gli indirizzi per vivere. Bisogna trovare assolutamente un anello di congiunzione, un percorso per riportare i giovani a un coinvolgimento nella vita sociale con meno prevenzione tecnica e più racconto. Quando incontro i ragazzi porto la mia esperienza di vita faticosa. E questo crea la sintonia e si aprono a dire cose che a casa e a scuola tengono per loro. Dimenticavo, a settembre a Sant’Osvaldo, l’ingresso agli adulti è concesso solo se accompagnati dai ragazzi».