Asufc, emergenza senza fine
Siamo alle solite. Messo alle corde anche da questa ennesima ondata, il sistema Asufc non regge all’urto della pandemia. Ma la pandemia dura da due anni e non può essere considerata un’emergenza imprevedibile: a pesare sui disservizi, sull’insostenibile allungamento delle liste di attesa, su un’assistenza sempre più negata negli ospedali e nel territorio sono anche gravi carenze organizzative e programmatiche. E man mano che passano i giorni, assieme all’illusione che la variante Omicron potesse essere l’inizio della fine, visto il suo minore impatto in termini di sintomatici e malati gravi rispetto ai contagiati, il ritmo impressionante dei contagi investe una quota di fragili e di anziani, aumentando ogni giorno il numero dei ricoveri in ospedale e l’impatto sui servizi territoriali.
La mancanza di programmazione e di strategie preventive da parte dell’assessorato e dei vertici aziendali sta determinando conseguenze pesantissime sulla popolazione. Il tracciamento ormai è una chimera. Le liste di attesa di visite, esami, operazioni, da lunghissime che erano, diventano infinite. Viene così sospeso o rinviato ad un domani lontano il diritto ad essere curati per un tumore, un problema cardiaco od altro.
LE CRITICITÀ
Se la trincea non cede del tutto a questo ennesimo assalto è il merito dei “soldati” della sanità : un esercito di medici, infermieri, Oss, tecnici la cui resistenza comincia però a vacillare. Nella stragrande maggioranza sono vaccinati con la terza dose, ma tra loro cresce il numero dei positivi: pur non essendo in condizioni non critiche e spesso neppure malati, sono costretti ad abbandonare il campo, aggravando i problemi e i disservizi i servizi sanitari. Alcuni esempi? Eccoli.
Ospedale di Udine. Al primo piano del padiglione 15, il cosiddetto “repartone” da 76 posti letto, che comprende chirurgia clinica, chirurgica clinica urologica, chirurgia vascolare gastroenterologia, soffre di carenza di personale cronica e disorganizzazione crescente. Mancano 17 oss e 5 infermieri, in tutto 22 operatori. Sempre nelle chirurgie, è chiusa la week surgery al secondo piano , con i relativi posti letto inutilizzati per mancanza di personale. Ma non basta: nel padiglione mancano zone di filtro per i positivi positivi, i turni sono massacranti, con cambi ripetuti (anche due volte nello stesso giorno) e fatti senza più neanche chiedere il consenso al diretto interessato. Diversi pazienti vengono ricoverati su letti provvisori, con elevato rischio di errore, e manca un Oss addetto alla cucina, con ulteriore aggravio di lavoro per il personale in assistenza, costretto a lavorare con ritmi. A completare il quadro delle chirurgie la chiusura della sezione B e il focolaio Covid nella sezione C, gestito in assenza di chiari protocolli di emergenza. Problemi anche nelle Medicine, dove si stanno utilizzando anche i cosiddetti letti bis, privi di standard per ossigeno e campanello di chiamata del personale.
Tolmezzo. Con infermieri e Oss in notevole sottorganico per positività , nel Pronto Soccorso è stato riaperto a pieno regime il “percorso blu” Covid, sottraendo personale all’ordinario lavoro di struttura. Risultato? Pochi operatori su entrambi i fronti. Pesanti i vuoti di personale anche in Medicina, senza che qualcuno partimai di assunzioni.
Palmanova. Nelle due ali (pediatria e ginecologia) adibite a reparto Covid, su 49 operatori (23 oss e 26 infermieri), 10 sono assenti per malattia, più del 20%.
Servizi territoriali. La situazione è allo stremo. Il distretto di Gemona ha 3 Oss con cui deve coprire tutto il Canal del Ferro. Nei Csm si continua ad andare avanti con prestiti di personale da altre strutture e non si conosce qual è il metro di taratura del personale necessario.
Distretto di Palmanova e Cervignano. Il personale è costretto a spostarsi sul territorio con autovetture obsolete e in numero ridotto rispetto al fabbisogno. Non ci sono più professionisti sul territorio in grado di sopperire alle richieste degli utenti. Da segnalare anche le difficoltà nella prevenzione delle malattie esantematiche. A vaccinare, infatti, sono rimasti soltanto 2 operatori, da 5 che erano: per questo ci si concentra solo sui bambini e si inviano gli altri pazienti ai medici di medicina generale.
COSA FARE
Tutte queste durissime conseguenze sul personale e sugli utenti si potevano – e si possono -evitare o ridurre drasticamente con una soluzione semplice da fare : introdurre nuovi Infermieri ed Oss nel “mercato” ( l’iniziativa spetta in gran parte alla Regione ) e poi assumerli con concorsi pubblici fatti a ritmo continuo (su questi la decisione è al 100% della Regione ).In altre Regioni si fanno i concorsi con migliaia di partecipanti. Qui no. Si preferisce risparmiare sui costi e potenziare il privato. Tanto in trincea ci vanno solo i soldati.
Quanto a noi, negli incontri con la Direzione di Asufc abbiamo sempre insistito sul nodo personale e posto l’accento sulle problematiche organizzative che, in maniera esponenziale, continuano ad avere un impatto negativo sulla quantità e sulla qualità del lavoro degli operatori di comparto, già allo stremo da mesi. La Direzione ha sempre risposto che avrebbe bandito concorsi e assunto dalle graduatorie sia per Oss che per infermieri, ma poco o nulla si è visto. Meglio tardi che mai, comunque: ecco perché alla Regione e all’Aufc continuiamo a chiedere la stessa cosa di sempre: oggi assumere il più possibile, con concorsi e attingendo alle graduatorie, e porre le basi perché la platea futura di infermieri e Oss possa tornare ad ampliarsi. L’alternativa è rendere questa emergenza cronica: oggi, domani e negli anni a venire.
Fp Cgil Udine, il segretario provinciale Andrea Traunero