Friuli, una nuova ricostruzione per uscire dalla crisi
Una ricostruzione non solo materiale ma anche morale, che partì dalle fabbriche prima ancora che dalle case, espressione di un senso di comunità , di solidarietà e di partecipazione che furono alla base del modello Friuli. Un modello che deve essere riscoperto e riproposto oggi, per superare una crisi che ha cancellato migliaia di posti di lavoro e molte imprese che avevano saputo resistere e crescere dopo il terremoto del 1976. Questo il messaggio che Cgil, Cisl e Uil lanciano insieme da Gemona e da Venzone, dove i leader delle confederazioni, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, hanno partecipato alla commemorazione delle vittime del sisma e del ruolo fondamentale che ebbe il sindacato nella ricostruzione.
La visita dei segretari generali, partita da Gemona con l’omaggio alla stele che ricorda gli 11 operai delle Manifatture uccisi dalla scossa del 6 maggio, è proseguita nel municipio di Venzone, dove Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato anche una mostra fotografica che rievoca le tappe della ricostruzione e le tante battaglie che videro allora protagonista il sindacato a fianco dei terremotati. Nelle parole del segretario della Uil friulana Ferdinando Ceschia il racconto di quegli anni e di una voglia di partecipazione e di democrazia che attraversò con impeto anche il sindacato, dando vita a un modello organizzativo che ci diede caratteristiche più autonome, più snelle e più libere». Nelle parole di Ceschia anche il ricordo della voglia di restare, le difficili lotte per la legalità e la sicurezza nei cantieri del dopo terremoto, il no dei lavoratori all’esodo verso le spiagge e a una nuova emigrazione, l’elogio di «un fare “di bessoi” che fu espressione di orgoglio, non di sdegnosa autosufficienza».
Questa la lezione che viene dal terremoto e da una ricostruzione che, per Susanna Camusso, ebbe successo «anche perché ci fu programmazione e capacità di immaginare un futuro, ciò che manca clamorosamente oggi, con la totale assenza di un modello di sviluppo e di una politica di investimenti pubblici». Da qui l’appello, espresso anche dalla segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, a «riscoprire la centralità del lavoro nella ricostruzione delle comunità e la centralità della persona in un’Europa che sta smarrendo il senso della solidarietà , come dimostrano purtroppo anche i risultati delle elezioni austriache». A rafforzare il concetto il leader della Uil Carmelo Barbagallo: «Il sindacato ““ queste le sue parole ““ non intende confrontarsi in ginocchio, ma ridisegnare un nuovo modello di confronto di relazioni da offire al Paese, come seppre fare il Friuli con la ricostruzione».
A fianco dei segretari generali, dei rappresentanti territoriali di Cgil-Cisl-Uil, Villiam Pezzetta, Franco Colautti e Ferdinando Ceschia, e dei i sindaci di Venzone e di Gemona, Fabio Di Bernardo e Paolo Urbani, anche la presidente della Regione Debora Serracchiani, già proiettata verso le celebrazioni del 40° anniversario del 6 maggio, che vedranno la presenza, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, anche dell’allora commissario straordinario Giuseppe Zamberletti. «Insieme ““ ha spiegato Serracchiani ““ per ricordare una ricostruzione che fu un esempio concreto di federalismo, grazie al coinvolgimento diretto della Regione e dei sindaci, un modello capace non soltanto di ricostruire le case, le fabbriche e il nostro patrimonio artistico e architettonico, ma anche di preservare un senso di comunità che sopravvive ancora oggi».
La visita dei segretari generali, partita da Gemona con l’omaggio alla stele che ricorda gli 11 operai delle Manifatture uccisi dalla scossa del 6 maggio, è proseguita nel municipio di Venzone, dove Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato anche una mostra fotografica che rievoca le tappe della ricostruzione e le tante battaglie che videro allora protagonista il sindacato a fianco dei terremotati. Nelle parole del segretario della Uil friulana Ferdinando Ceschia il racconto di quegli anni e di una voglia di partecipazione e di democrazia che attraversò con impeto anche il sindacato, dando vita a un modello organizzativo che ci diede caratteristiche più autonome, più snelle e più libere». Nelle parole di Ceschia anche il ricordo della voglia di restare, le difficili lotte per la legalità e la sicurezza nei cantieri del dopo terremoto, il no dei lavoratori all’esodo verso le spiagge e a una nuova emigrazione, l’elogio di «un fare “di bessoi” che fu espressione di orgoglio, non di sdegnosa autosufficienza».
Questa la lezione che viene dal terremoto e da una ricostruzione che, per Susanna Camusso, ebbe successo «anche perché ci fu programmazione e capacità di immaginare un futuro, ciò che manca clamorosamente oggi, con la totale assenza di un modello di sviluppo e di una politica di investimenti pubblici». Da qui l’appello, espresso anche dalla segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, a «riscoprire la centralità del lavoro nella ricostruzione delle comunità e la centralità della persona in un’Europa che sta smarrendo il senso della solidarietà , come dimostrano purtroppo anche i risultati delle elezioni austriache». A rafforzare il concetto il leader della Uil Carmelo Barbagallo: «Il sindacato ““ queste le sue parole ““ non intende confrontarsi in ginocchio, ma ridisegnare un nuovo modello di confronto di relazioni da offire al Paese, come seppre fare il Friuli con la ricostruzione».
A fianco dei segretari generali, dei rappresentanti territoriali di Cgil-Cisl-Uil, Villiam Pezzetta, Franco Colautti e Ferdinando Ceschia, e dei i sindaci di Venzone e di Gemona, Fabio Di Bernardo e Paolo Urbani, anche la presidente della Regione Debora Serracchiani, già proiettata verso le celebrazioni del 40° anniversario del 6 maggio, che vedranno la presenza, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, anche dell’allora commissario straordinario Giuseppe Zamberletti. «Insieme ““ ha spiegato Serracchiani ““ per ricordare una ricostruzione che fu un esempio concreto di federalismo, grazie al coinvolgimento diretto della Regione e dei sindaci, un modello capace non soltanto di ricostruire le case, le fabbriche e il nostro patrimonio artistico e architettonico, ma anche di preservare un senso di comunità che sopravvive ancora oggi».