Poste, no alla logica delle chiusure. Via al volantinaggio Slc in Carnia
Comincia dalla Carnia il volantinaggio della Slc Cgil
a favore del mantenimento sul territorio del servizio postale. Dopo aver
espresso, unitariamente alle altre sigle, la propria contrarietà al piano di
chiusura e razionalizzazione degli uffici postali in regione annunciata da
Poste Italiane il 3 febbraio e preso atto della volontà aziendale di procedere
unilateralmente, la Cgil
invita la cittadinanza della montagna a sostenere i propri sindaci e
rappresentanti politici che si attivano per fare in modo che questa decisione
non sia definitiva.
Questo piano di razionalizzazione e chiusure era già stato contrastato dal sindacato
nel 2013 ed era poi stato messo da parte. Nel frattempo, in Poste Italiane è
arrivato il nuovo amministratore delegato Caio, che ha approntato un piano
d’impresa che mancava da più di un decennio e che servirà all’azienda per
affrontare la vendita del 40%, già più volte rimandata. Cosa ne sarà della rete
capillare di uffici postali non ci è ancora dato da sapere (il piano è stato presentato
attraverso delle slides e non si è ancora entrati nella discussione vera e
propria ), ma la scelta di chiuderne 500 e razionalizzarne altri 600 in tutta Italia ci fa
capire che la direzione intrapresa è quella di ridurre il servizio postale
nelle zone marginali del Paese, alla faccia della capillarità , vero punto di
forza finora di Poste Italiane.
Per ora si parla “solo” di uffici postali, ma la contrazione del servizio
postale riguarderà anche il recapito, con l’introduzione della consegna della
corrispondenza a giorni alterni. Ci chiediamo se questa modalità di tagliare i
servizi ed abbandonare il territorio non porti di fatto ad una continua perdita
di ricavi. In effetti, l’area degli uffici di montagna in particolare ha visto
negli anni ridurre sempre più il personale di Poste Italiane applicato, innestando
un circolo vizioso. Perché laddove si chiude non si fa solo economia, ma anche
si creano mancati introiti. Il personale in montagna è numericamente ridotto
all’osso ed è logorato dal dover affrontare praticamente sempre situazioni di
emergenza, per le sostituzioni, per le ferie, per piccole malattie.
Non possiamo accettare che si chiuda solo perché l’azienda non ci vuole mettere
qualche dipendente in più. Non è pensabile che gli anziani utilizzino le
piattaforme digitali per i loro pagamenti, la Posta deve continuare ad essere anche un servizio
sociale, lo deve al Paese. Non si può consegnare ai privati un’azienda sana con
tantissime potenzialità ed accettare che i lavoratori che hanno in questi 15
anni contribuito al suo sviluppo e i clienti, che hanno fin’ora riposto fiducia
in Poste Italiane, si vedano ridurre i posti di lavoro da una parte e il
servizio dall’altra.
Siamo contrari ad una privatizzazione
che punti esclusivamente alla massimizzazione dei profitti.
Perché non si fa lo sforzo di trovare delle sinergie coi Comuni, ora che anche
i Comuni si avviano verso le Unioni, affinché queste operazioni non si traducano
poi in una perdita di servizi? Invece Poste Italiane rifiuta anche la messa a
disposizione dei locali da parte dei sindaci. Ci auguriamo che si avviino
presto dei tavoli tra Anci, Regione e Poste anche in Friuli Venezia Giulia, per
riportare Poste Italiane sui propri passi.
Paolo Morocutti, segretario generale
Slc-Cgil Udine
Annamaria Schavi, segreteria provinciale Slc Cgil Udine